La lunga attesa è terminata, tornano i Nosound di Giancarlo Erra con un interessante EP dal titolo “To The Core”.
Il disco rompe un silenzio che durava ormai da un po’ tempo e nel frattempo di acqua ne è passata sotto i ponti.
L’ultima uscita a nome Nosound risale al 2018, con quell’ultimo disco intitolato “Allow Yourself” e che per molti segnò un radicale cambiamento nella band.
Le tracce di Giancarlo, invece, si fermano poco più avanti, nel 2021 con l’uscita del secondo disco solista, quel “Departure Tapes” che segnò la fine di un periodo difficile e di transizione.
Ma procediamo con ordine. La creatura Nosound, nata come progetto solista ma arricchita dalla presenza del basso di Alessandro Luci e di altri musicisti più o meno stabili, ha avuto uno scossone proprio in quel periodo a seguito delle registrazioni di un disco che all’apparenza sembrava essere più minimale rispetto ai precedenti.
In verità, l’opera era come sempre ben curata, e forse l’agire di sottrazione era più un escamotage per lasciare che fosse l’ascoltatore a riempire gli spazi malinconici sapientemente lasciati liberi dalla band.
Dopo quel momento, il viaggio sia fisico che interiore di Erra lo ha portato nel Norfolk, dove vive e dove ha rimesso insieme i pezzi e le idee scaturite dalla perdita del papà.
Il risultato fu “Departure Tapes”, un album che racchiude nei solchi appunti di viaggio, biglietti aerei, frammenti d’Italia e Regno Unito, oltre a camminate nei boschi che sono servite per staccare con la realtà e riprendere il contatto con la natura.
Quel disco si chiudeva con A Blues For My Father, unica traccia a non avere la parola tape nel titolo e forse la preferita del suo autore, nella quale a bocce ferme ha riassunto tutto quanto accaduto e lo ha sintetizzato in un pezzo bello e commovente.
Tornano quindi oggi i Nosound con un disco interessante sin dalla copertina, che, come da tradizione, è sempre curata al dettaglio e pensata da Giancarlo stesso.
“Fino al midollo”. “Fino in fondo”, recita il titolo e qui il disegno minimal mostra un bambino che cammina con le mani in tasca e lo sguardo verso il basso.
In maniera speculare, subito sotto, la versione adulta di quello stesso bambino si comporta allo stesso modo.
The Nothing We Gave ci offre invece qualche reminiscenza dei Nosound precedenti, quelli di “A Sense Of Loss”, per intenderci, con la voce più wilsoniana, vicina quindi ai mondi psichedelici dei Porcupine Tree, e un assolo di chitarra che non ha nulla da invidiare a un qualsiasi pezzo dei Pink Floyd.
La chiusura vale il prezzo del biglietto e crea il giusto stacco prima che la title track ci accolga con pochi accordi di piano limpidi e la voce di Erra, la quale nel tempo è diventata sempre più espressiva e si dilata nello scandire le parole. La vena creativa sgorga libera e i suoni sono cristallini e ben amalgamati.
La tendenza è quella delle ultime opere della band e quindi le tracce non superano i cinque minuti e lasciano nell’ascoltatore un senso di perdizione dal quale è possibile uscirne solo dopo un’attenta riflessione.
Worn-Out Parts, è l’estratto come singolo e la traccia più lunga del lotto.
E’ sicuramente la canzone più riuscita, nella quale l’esplosione di chitarre, archi e batteria (non più elettronica), offrono una carica emozionale intensa come solo i Sigur Ros riescono a fare.
Nelle immagini che mi si formano in testa, vedo un paesino di case bianche sperduto in una qualsiasi isola del mediterraneo, dove qualcuno chiama a raccolta i fedeli a un culto per una celebrazione pagana. La carica emotiva è alta e non lascia indifferenti.
Interrupt è costruita su un piano solenne che ricorda Life in a Glasshouse dei Radiohead, traccia che chiudeva il (quasi) capolavoro Amnesiac, solo qui in una versione più rallentata.
E’ la canzone più breve del disco ed è sostenuta praticamente dal solo cantato caldo e avvolgente di Giancarlo che si prende il suo spazio su un tappeto elettronico e piccoli colpi scanditi dalla batteria.
La chiusura è lasciata alla malinconia di Closure che ci invade con una pioggia di accordi di piano sostenuti dal ritmo caldo della batteria e la voce raddoppiata, o forse triplicata, del cantante prima che si spenga definitivamente per cedere il passo a un assolo pulito.
Poco dopo il silenzio e una sola unica certezza. I Nosound sono tornati più concreti che mai e siamo certi che andranno fino in fondo.