Ci troviamo in compagnia di Angela Baraldi, una delle voci più intense e carismatiche della scena musicale italiana.
Cantante, attrice e performer, ha attraversato generi e collaborazioni, distinguendosi per la sua interpretazione intensa e autentica.
Nel corso della sua carriera musicale ha collaborato con artisti del calibro di Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Ron, Luca Carboni, Samuele Bersani, Morandi, Stadio, Massimo Zamboni, distinguendosi per il suo eclettismo e forza interpretativa.
Anche nel mondo del cinema, del teatro e della televisione ha lasciato il suo segno dimostrando la sua versatilità, carisma e impegno.
Ha recitato al fianco di Giancarlo Giannini, Fabrizio Bentivoglio e Valeria Golino nel film ‘Come Due Coccodrilli’ diretto da Giacomo Campiotti, è stata protagonista nel film ‘Quo Vadis, Baby?’ diretto da Gabriele Salvatores, ruolo che ha poi ripreso nell’omonima serie TV diretta da Guido Chiesa. Ha lavorato con il regista Michele Mellara nel film ‘God Save the Green’, dove ha prestato la sua voce come narratrice.
Per il teatro, ha partecipato alla rappresentazione de ‘I Monologhi della Vagina’ ed ha recitato in ‘Maigret e il Delitto a Teatro’, scritto da Carlo Lucarelli.
È stata protagonista nello spettacolo ‘The Good Body’, diretto da Giuseppe Bertolucci e Luisa Grosso.
Ha collaborato con Lucio Dalla nell’allestimento teatrale di ‘The Beggar’s Opera’, recitando insieme a Peppe Servillo. Nel 2014, le viene assegnato il ruolo principale nello spettacolo ‘The Wedding Singer’, diretto da Emanuele Conte e prodotto dalla Fondazione Luzzati -Teatro della Tosse di Genova e in quell’occasione, ha lavorato anche con il drammaturgo Luca Ragagnin.
Ha partecipato alla serie televisiva di Rai 1 ‘La Compagnia del Cigno’, diretta da Ivan Cotroneo, e calcato le scene teatrali con lo spettacolo “Nomadic”, scritto e interpretato da Telmo Pievani e Gianni Maroccolo.
Nel 2024 ha aperto i concerti del tour estivo di Francesco De Gregori: ‘De Gregori Dal Vivo’ e proprio all’inizio di questo nuovo anno è tornata alla fonte con il suo nuovo album di inediti che si intitola ‘3021’, nono album in studio, che esce a otto anni di distanza da ‘Tornano Sempre’.
Questa nuova creatura sonora, ci conduce in territori inusuali rispetto all’iperconnesso, multifonico, e velocissimo mondo contemporaneo; ‘3021’ ci porta in un viaggio che parte da un titolo futurista per tornare nel presente.
È un percorso sonoro coraggioso che risplende di autenticità e classe. L’album è composto da otto storie sonore in perfetto equilibrio fra sobrietà, cantautorato e rock d’autore; e dentro le trame di queste sonorità tradizionali (principalmente evocate da chitarre, basso, batteria e un tocco di synth) si dipanano le intime storie e le riflessioni narrate dalla voce di Angela, sempre potente, corposa ed espressiva.
Questi otto brani non sono solo da ascoltare, ma anche da vivere sulla pelle, e noi abbiamo colto l’occasione al volo.
Il 28 febbraio, dal Locomotiv Club di Bologna – la sua Bologna, dove è nata e cresciuta artisticamente – è partito il tour di presentazione di ‘3021’.
Qualche ora prima del concerto, Angela Baraldi – con la consueta umiltà che contraddistingue ogni personaggio di spessore – ci ha dedicato del tempo prezioso per parlare di questo nuovo lavoro; e ora lasciamo spazio alle sue parole.
Ciao Angela, bentornata alla musica. Innanzitutto, grazie per il tuo tempo e per questo nuovo album. È autentico, c’è il perfetto equilibrio fra sonorità tradizionali, rock e cantautorato d’autore.
Un disco che ti abbraccia ti coccola come un ritorno a casa. Se dovessi concretizzarlo in un’immagine, sarebbe quella di un focolare, un camino acceso in cui si sente il crepitio del fuoco e l’aroma della legna che arde.
Ciò che mi ha colpito è proprio il contrasto fra questo titolo futurista ‘3021’ e le sonorità dell’album che sono molto lontane da tutto il mondo elettronico e digitale. Come nasce l’ispirazione di questo titolo?
La suggestione principale è stata immaginare il nostro presente come un lontano passato e il futuro come un’epoca in cui gli archeologi cercheranno le nostre tracce. Viviamo in un’era di ipercomunicazione, ma anche di comunicazione liquida: non scriviamo più a mano. Ho scoperto, con grande fascino, che i papiri sono sopravvissuti per secoli, permettendoci ancora oggi di leggerne il contenuto.
Ma mi sono chiesta: tra mille anni, gli archeologi del futuro troveranno ancora parole o solo frammenti di computer sgretolati? Questo pensiero ha innescato una serie di riflessioni a catena. Così ho deciso di provare a riprodurre il suono dello spazio con strumenti a corde, non digitali.
Facciamo questo sforzo anche mentale di pensare ad un futuro, che è difficilissimo da immaginare, perché mille anni sono tanti.
Sai, uno degli aspetti che mi ha catturata all’istante è proprio questo contrasto tra futuro e tradizione: la tua intenzione di riprodurre il suono delle sfere celesti e del cosmo utilizzando strumenti tradizionali.
Sì, perché volevo creare un contrasto, un po’ come le astronavi disegnate dai bambini: da una parte un futuro lontanissimo, dall’altra strumenti che oggi sono considerati obsoleti; anche se, in realtà, non lo sono affatto.
Ci sono artisti che continuano a suonare la chitarra, come Lucio Corsi, che a Sanremo ha conquistato il pubblico con la sua unicità, la sua diversità, le sue chitarre, il suo modo di cantare semplice e il suo mondo.
Vecchia scuola…
Esatto! È stato accolto molto bene e questo mi ha fatto molto piacere.
Quindi io credo che ci siano delle cose che rimangono e inaspettatamente altre, che sono quelle più supportate dalla tecnologia in questo momento, che sono più a rischio di sparire.
Si, infatti alla lunga è la società liquida che sparisce. Il file MP3 si deteriora, il vinile rimane.
Esatto, è proprio questa la suggestione.
Per quanto riguarda la genesi ed il processo di composizione dell’album, come si è svolto? In stile Nick Cave, con un rigoroso impegno quotidiano o in maniera più libera, con un approccio più spontaneo seguendo il magnetismo dell’ispirazione e cercando nuovi modi di lavorare?
In realtà nessuna delle due, a me sarebbe piaciuto chiudermi in studio ed immergermi, ma io ho cominciato a registrare questo disco senza un’etichetta, senza nessuna copertura, investendo nelle mie risorse.
Da kamikaze, senza paracadute!
Esatto! Brava! Senza paracadute! (Ndr. Ridiamo) Nel frattempo dovevo anche lavorare. Io sono anche attrice, ho sposato progetti, fra cui ‘Nomadic’ di cui abbiamo parlato prima, oppure cinema, qualche serie TV.
Nel frattempo, io ho fatto un altro mestiere, che amo tantissimo fra l’altro. Però, sentivo il bisogno di scrivere e buttare giù delle canzoni e quindi con la caparbietà di Alessandro Sportelli, che ha uno studio a Cascina, e di Federico Fantuz, che è il mio socio con il quale suono da tanti anni; con il loro entusiasmo abbiamo iniziato a buttare giù delle cose.
È stato un album fatto un po’ a singhiozzi, ma con rigore e in un lasso di tempo breve. Questo processo da un lato è positivo perché tu puoi risentire le cose con un orecchio fresco e vedere se c’è qualcosa da migliorare, dall’altro invece è un po’ faticoso perché non c’è continuità nell’immediato.
Poi, finalmente a tre quarti della produzione abbiamo trovato casa, con l’etichetta Caravan di De Gregori, che sentendo i pezzi e trovandoli belli, mi ha spronata a finire il disco e proposto di uscire con la sua etichetta.
Questo ci ha dato un’accelerazione, eravamo finalmente coperti da una mano santa che ci ha anche aiutato economicamente in quella fase. Tutte le spese – come pagare i musicisti, le sessioni, i viaggi – prima erano a carico mio ed era tutto un po’ improvvisato.
Quando finalmente abbiamo trovato casa in Caravan la cosa è diventata più veloce, più agile, e abbiamo chiuso il disco più in fretta. Questa cosa è stata fondamentale e nel rush finale è stata determinante.
Oltre ai citati, chi c’è con te in questo viaggio sonoro in studio e sul palco?
Ci sono Daniele Buffoni alla batteria, Giovanni Fruzzetti al basso e piano. Stasera ci sarà pure una sessione di fiati composta da Andrea Zucchi, sax baritono e Tim Trevor Briscoe, sax tenore. Loro hanno suonato in un pezzo: ‘Saturno’, hanno registrato i fiati qui a Bologna sotto la direzione di Federico Fantuzz.
Saturno! Poi ritorneremo a parlare dell’ultimo pezzo, una chiusura meravigliosa da coup de fudre, chiude l’album in maniera inaspettata e perfetta, secondo me.
Grazie, sono felice che ti abbia dato questa sensazione.
Forse c’è chi ha recepito ‘3021’ come concept album, io se posso azzardare, più che un concept in senso tradizionale, ho avvertito un’aura che lega i brani, un certo intimismo etereo ma allo stesso tempo terreno.
Non è una questione di tematiche, sono tanti quadretti di vita, ma di vite diverse che però sono legate in qualche modo fra loro.
Tu che lo hai concepito, che mi dici? C’è un filo narrativo che lega questi otto capitoli sonori?
Io lo vedo più a livello di suono, perché a livello di racconto l’ho paragonato alle serie antologiche, tipo ‘Black Mirror’ che hanno tutti episodi chiusi.
Magari la serie ha uno stile preciso, come poteva essere ‘Ai Confini della Realtà’, però ogni storia è chiusa e incapsulata nel suo mondo. Io l’ho un po’ visto così questo disco mentre lo facevo.
Non sentivo che c’era un argomento nella narrazione dei testi che univa tutti i pezzi, ma c’era questo desiderio del siderale, desiderio di uscire da una situazione, e c’è più o meno in tutti i pezzi.
A proposito di tematiche siderali, restiamo nel cosmo con il brano ‘Cosmonauti’. “Parlo di te senza dire il tuo nome…a modo mio”.
È meraviglioso, perché è tutto nascosto ma è tutto palese, accorato e bellissimo tributo a Lucio Dalla. Cosa rappresenta per te Lucio Dalla e chi sono i cosmonauti?
È difficile dirlo, perché all’inizio è stata una figura che mi ha introdotto in un mondo molto concreto che è quello della musica; quando ancora c’era l’RCA, sul raccordo anulare di Roma, e ancora si facevano i dischi in un certo modo e se ne vendevano anche tanti. Siamo stati molto amici, abbiamo avuto tante occasioni di girare, di fare esperienze insieme: la tournée Dalla-Morandi fu pazzesca, eravamo giovanissimi, ho visto tutta l’Europa.
Lui riusciva a mettere il piacere in mezzo al lavoro, e questa è una cosa molto importante che ho imparato da lui.
Ogni tappa che abbiamo fatto in Europa, lui la mattina prestissimo dava appuntamento nella hall per andare a visitare un museo.
Questo è un atteggiamento molto saggio, non ho mai visto un artista così “serio”, ma in quella serietà c’era anche l’aspetto ludico.
È la figura dell’artista che deve essere informato e che deve avere curiosità culturale, espansione mentale, empatia antropologica. Non smetteva mai di lavorare in questo modo. Poi, si chiudeva nella sua solitudine e sputava fuori le canzoni.
Per me è stato un grandissimo esempio di artista e anche un grande amico. Questa canzone l’ho scritta perché l’ho sognato dopo pochi mesi che era morto. Fu un dispiacere enorme perché non ci siamo salutati, è stata una doccia molto fredda.
Io e Lucio avevamo affrontato il tema della morte tanti anni fa quando abbiamo perso un amico in comune ed avevamo due atteggiamenti molto diversi a riguardo.
Lui diceva che la vita è un primo tempo. Io gli dicevo, “sì sarà anche un primo tempo, però se io ti chiamo e tu non ci sei più, non mi rispondi al telefono” e lui mi disse che non ce ne sarebbe stato bisogno del telefono.
Questa cosa mi è sembrata sempre molto poetica, ma anche un po’campata per aria. Invece in questo sogno lui, in un certo senso, mi ha parlato.
Eravamo in una navicella spaziale, sopra dei canyon tutti colorati e lui si divertiva ad andare giù in picchiata urlando: “Non ti schiantiii! Non ti schiantiii!”. Come per dire:” Non aver paura di rischiare”. Il senso del sogno era questo: per arrivare qua, dove noi siamo ora non bisogna avere paura. Allora, se tu hai il coraggio di non avere paura puoi vedere queste cose meravigliose.
Quindi, in un certo senso i cosmonauti siete voi due nel sogno, e tutti coloro che hanno il coraggio di non avere paura.
Sì, assolutamente!
Io, mentre ascoltavo il brano mi sono fatta il mio viaggio: ho immaginato te che dedicavi questa canzone a Lucio e voi due che vi connettevate nel cosmo con la telepatia. Ho fatto un viaggio un po’ diverso.
Sì, però va bene anche quello.
C’è tanta anima in questo album, mi commuovo a parlarne. Sei tornata rompendo i canoni: con un album dalle sonorità tradizionali, con un forte temperamento rock ma che ha delicatezza animistica del buon cantautorato italiano. La tua voce che guida gli strumenti ed emerge calda e consapevole, come in delle riflessioni ad alta voce.
Grazie, grazie davvero! Per me è molto importante sapere le tue, le vostre impressioni. Se il disco è arrivato e come è arrivato.
Un brano che riascolto spesso è ‘La Vestizione’. Mi piace perché c’è ritualità, c’è intimismo, tempo d’attesa. Io ci ho letto anche una sorta di rinascita, proprio quando canti:” E ho piantato in mezzo ai rovi le mie radici, e ho buttato via le armi”.
Questa è un’immagine molto potente, come per dire: “Io sono nuda e disarmata, senza nulla, eppure eccomi!”
Esatto, è così!
Qual è l’ispirazione che ha guidato questo brano?
Il brano nasce in un momento di attesa di una persona che mi stava venendo a trovare, ed è ricollegato alla sensazione che io ho avuto spesso nel prepararmi a incontrare qualcuno che desideravo; trovo in quel momento di attesa più perfezione che nell’incontro stesso. Nel senso che è un momento incontaminato, prima della collisione.
Che poi nella collisione c’entra di nuovo il cosmo, le stelle che entrano in collisione, c’è distruzione e creazione, rinascita.
Sì, esatto, è sempre così. È come lo scontro di due galassie, due pianeti, due mondi diversi, e proprio in quel momento di avvicinamento, mentre tu stai aspettando, proprio in quel momento io ho scritto questo pezzo.
Mi sono detta: “La devo scrivere adesso, perché solo adesso riesco a dirla e scriverla come vorrei”. Ed è per questo che poi alla fine non sono riuscita a vestirmi perché mi sono messa a scrivere! [Ndr. Ridiamo].
Ed ho scritto proprio quello che stava capitando in quel momento!
Bellissimo!

In questi quadretti di anima, che sono i brani del tuo album, in chiusura c’è ‘Saturno’. C’è un improvviso cambio di scenario per quanto riguarda il suono che si fa più corposo, questo pezzo ha un imprinting glam, c’è la potenza sanguigna dei fiati. Perché Saturno? È una chiusura davvero spaziale!
[Ndr. Ridiamo]
Davvero! Il brano è ispirato a ‘Cosmic Dancer’ dei T-Rex. La scelta di Saturno è stato un viaggio di fantasia proprio come quello di un bambino.
È nato in un momento in cui mia madre non stava bene, questo brano l’ho dedicato a lei. In quel momento era in ospedale, io avevo paura di perderla, ha 91 anni e fuma anche le sigarette.
La sua voglia di vivere è dirompente e questo lato della sua personalità, che prima era più controllato, ora sta venendo fuori e ciò mi commuove e mi piace tantissimo.
Questa è proprio una canzone dedicata alla mamma e l’ho voluta portare in un mondo divertente, con i glitter…e poi il fatto che Saturno abbia l’anello mi piace tantissimo. Seguendo una fantasia infantile mi immagino che l’anello di Saturno sia una pista da ballo.
Bellissimo davvero: “Mamma vuol vederti ballare sull’anello di Saturno”.
Cerco di non razionalizzare troppo le canzoni mentre le scrivo. Quando sono sola nel mio solipsismo, non riesco davvero a capire cosa ho fatto; lo comprendo solo nel confronto con gli altri, ad esempio durante interviste come questa.
Quando vedo la reazione degli altri, capisco che è stato un bene fare questo disco.
Quello che ricevo dopo averlo realizzato mi dà la misura di ciò che ho fatto, del suo valore, ed è una cosa positiva. Molti artisti si sentono scoperti durante le interviste, ma per me sono un momento prezioso e utile.
Nel mio immaginario percepisco il palcoscenico come il tuo habitat naturale, io l’ho sempre visto come un’estensione di te stessa. Cosa rappresenta per te il palco?
Per me il palcoscenico è un luogo di cura, nel senso che io sto molto meglio quando scendo dal palco rispetto a quando salgo.
Evidentemente lì sopra succede qualcosa che va oltre la mia timidezza. Mi costringe ad avere il coraggio di non aver paura, ad affrontare qualcosa in maniera sana.
È uno spazio sacro e magico.
Sì, è uno spazio sacro. Esatto.
Io ti ringrazio nuovamente per il tuo tempo e per questo disco. È accogliente, per me è stato una piccola grande cura quotidiana. Quali emozioni speri di suscitare nel tuo pubblico con ‘3021’, c’è qualche messaggio o riflessione particolare che desideri trasmettere?
Sono io che ringrazio te, quello che mi hai detto mi riempie di gioia, le emozioni che ho suscitato in te mi bastano e spero che possano essere condivise anche da altre persone. Vorrei suscitare emozioni che siano: il focolare, il viaggio da fermi; mi piacerebbe che fosse come un biglietto per un viaggio interstellare anche da fermi.
Che poi alla fine questa è una delle missioni della musica e dell’arte.
Esatto, proprio così, grazie.
A questo punto, anche noi, potremo andare a fare un giro sull’anello di Saturno …
Caravan Sony Music Italy