Vito Topputo – Pezze Americane

Vito Topputo | Pezze americane

Vi siete mai chiesti perché molto spesso è ciò che è imperfetto a procurare più emozioni? Io una risposta me la sono data: l’imperfezione è propria dell’essere umano, quindi sa meglio toccare tutte quelle corde che poi vibrano all’unisono e provocano lei, l’emozione, appunto.
Ho anche una mia personalissima idea che connette questo discorso con il grande fervore che aveva procurato la nascita di quel filone allora definito “indie”, negli anni in cui aveva senso parlarne e utilizzare questo termine: se ricordate, tutte le canzoni indie che adoravamo erano perfettamente imperfette.

Mi avvalgo di questo preambolo per presentarvi il mio ultimo ascolto, il disco d’esordio del giovanissimo Vito Topputo, dal titolo “Pezze Americane”, uscito lo scorso 23 maggio.

Le pezze americane sono quei capi tutt’altro che perfetti, ma che hanno una storia, misteriosa, unica e che, quindi – a chi sa guardare “oltre alla stoffa”- dicono qualcosa ed emozionano.
Ma è anche un altro il significato cui si connette questa espressione: ”Mi piace vestirmi di cose usate, ma il titolo è soprattutto riferito all’aspetto sonoro dell’album” ha spiegato lo stesso Vito, “E’ come se avessi preso tanti riferimenti da svariate epoche, tanti vestiti, tante “stoffe”, e li abbia mescolati insieme, magari anche in maniera bizzarra, ma dando un risultato nuovo”.

Vito arriva dalla Puglia, studia chitarra classica sin da quando aveva dieci anni – circa metà della sua vita; quello che lo ha stregato della chitarra – ha confessato – è stato il fascino che sprigiona, soprattutto nel rock alternativo: per anticiparvi la mia idea sull’ascolto che tra poco approfondiremo, in lui ho scorto un raccontastorie nello stile di Lucio Corsi, ma più disilluso, cupo e meno bucolico, e più “acqua e sapone”.

Insieme a Vito, nel disco, suona anche una rosa di ottimi musicisti, composta nella formazione principale da Fabio Carrone (alla batteria e alle tastiere), Ylenia Ancona (al basso) e Paolo Palmieri (alle tastiere).

Non posso raccontare “Pezze Americane” ignorando lo splendido artwork di copertina: “Nasce da un viaggio mio e della fotografa (Alessia Carucci)” ci ha raccontato Vito “Volevamo rappresentare il disco come la messa in scena di uno spettacolo tra il reale e il magico, così ci è venuta l’idea del teatrino delle ombre. Abbiamo costruito il teatrino-casetta con listelli e spara punti e poi un mio amico disegnatore (Andrea Menga) ha realizzato le silhouette che rappresentano i vari simboli che tornano nell’album – ovvero il leone, il coccodrillo, la falena, il sole, la luna, il gatto.”

Due pezzi hanno anticipato il lavoro completo: Camus e Poesia di Natale, che inquadrano perfettamente l’emozionante imperfezione e la scrittura  per immagini e riflessioni brillanti che troveremo in tutto l’ascolto: “un altro lunedì steso a pensare a se il tempo si perde o si spreca”, giusto per farvi un esempio.
Musicalmente quel che arriva è un suono decadente, paesano, nostalgico, ma all’unisono fresco e frizzante.
Quel mood acerbo e acido che ha L’Officina della Camomilla, ma con una massiccia dose booster di ombrosa malinconia mista a realismo.

Fa specie sapere di trovarsi di fronte al manufatto di una ragazzo dell’età di chi può avere appena superato la maturità; e il motivo è che di maturità, dentro quest’opera, ce n’è tanta. Ma c’è anche molto molto altro: c’è la confidenza con la musica, con la scrittura e con l’interpretazione; c’è la giovinezza, l’ingenuità, il sogno, la tenerezza; e c’è la disillusione che ti porta il dover crescere.

Lo stile di Vito Topputo è apparentemente scanzonato, ma esprime un disagio di quelli che scopri quando diventi grande; in  Mondo capitale canta “Chiederò di diventare capo mondiale, forse do lordine di bruciare tutte le macchine per ritornare nelle foreste e vivere, eliminare il verbo guadagnare”.

Prevale, soprattutto nella prima parte del disco, un ritmo dolceamaro, melodico e stridente al contempo, come nelle amare ballate Poesia di Natale, dal sentore americano ma anche del più profondo Sud) e Che Gioia (“dovremo togliercela questa mania a parlar di ricordi”).

La bellissima Falene, decisamente il mio brano preferito del disco, inizia cupissima e quasi in trance, eterea e sinistra, poi esplode di disperazione, “tu sei il pensiero che mi tiene sveglio la notte e che mi butta giù dal letto all’alba, sei l’eterna nausea che perlomeno mi fa dimagrire, sei la cura nel vestire che con te avevo perso / tu sei i capelli che ho tagliato per farti guarire meglio, sei quell’atto bestiale che abbiam provato a fare, alla faccia degli dei ed è un peccato richiamarlo amore”

Ha raccontato Vito: ” “Pezze Americane” è la storia di quello che è stato per me diventare adulto: fino a “Falene” si tratta di canzoni molto terra terra, realistiche, mentre la seconda parte è più sognante, immaginativa e creativa, perché è un po’ una consolazione che mi sono trovato di fronte alla pesantezza del mondo adulto, ovvero il trovare la felicità immaginandosela”.

E, a confermare questa descrizione, l’album procede con la canzone-filastrocca Il Coccodrillo e Un Leone, con una virata sonora e vocale che veleggia verso suoni più cristallini e non più cupi, l’intermezzo strumentale La Maestra Maria (MT-11 Interludio) e la toccante Contrada SantOceano che, come molti brani dell’album, è impreziosita da una doppia voce femminile in sottofondo che rende veramente peculiare e curata questa produzione.

Non è un mistero che la chitarra sia guida fondamentale per la composizione di Vito: in A Un Passo DallOblio ha un ruolo fondamentale nella ritmica, oltre che nella melodia. La voce di Vito è giovane, pura, dall’accento all’intonazione delicate, in questo bel pezzo onirico, confuso ma perfettamente consapevole, che denota una capacità di comporre veramente dotata di cognizione.

Il Fenomeno Dei Gatti ci conduce al termine di questo dolce viaggio all’insegna della semplicità, ma anche di una scrittura matura e davvero notevole per essere un esordio.

Concludo consigliando caldamente questo ascolto a chi ama il cantautorato ma anche il rock alternativo. Dentro ci troverete tutta quella perfetta imperfezione, e scorgerete una totale indipendenza dal mondo cantautorale classico, che può aver raggiunto solo chi quel mondo lo ha assimilato così tanto da sapersene allontanare a sufficienza.

Tracklist

  1. Camus
  2. Mondo Capitale
  3. Astro Del Ciel
  4. Poesia Di Natale
  5. Che Gioia
  6. Il Formichiere
  7. Falene
  8. Il Coccodrillo e Un Leone
  9. La Maestra Maria (MT-11 Interludio)
  10. Contrada Sant’Oceano
  11. Patente
  12. A Un Passo Dall’Oblio
  13. Il Fenomeno Dei Gatti

Trulletto Records